Povia continua a cantare “La libertà di scelta”. Ieri sera a Liberi (CE).

16.08.2023

(Anita Pascarella) Il cantante milanese Giuseppe Povia, forse l'unico coraggioso anticonformista rimasto al momento in Italia, ieri, 15 agosto 2023, è approdato a Liberi in provincia di Caserta per una tappa del suo tour estivo, "Sani di mente", accompagnato al violino e alla voce, da anni, dalla calabrese Anna Magno.

Il cantautore si sta esponendo da più di due anni a favore della Libertà di scelta e dell'uguaglianza.

Il brano con cui ha la consuetudine di aprire i propri concerti per una promessa fatta al suo papà che ne è per l'appunto autore è «Torneremo Italia».

Il suo papà, che purtroppo non c'è più, in questo testo ha descritto perfettamente l'Italia degli anni '70.

Povia con coraggio sta continuando a cantare anche tematiche che non mettono d'accordo tutti, ma il suo desiderio è che le sue due bimbe crescano con una visione più ampia del mondo e che non siano costrette ad ascoltare soltanto le classiche canzoni d'amore su cui si basano il 99% dei cantautori mondiali oppure seguendo la direzione dei brani ritmati.

L'artista ha da sempre scelto di cantare tematiche che non mettono d'accordo tutti, attraverso le quali ha voluto anche mettere alla prova la democrazia altrui, d'altronde se non si è d'accordo con un determinato punto di vista, ognuno può decidere di seguire l'ondata del proprio pensiero.

Giuseppe ha dedicato una canzone alle proprie bimbe intitolata «Ti insegnerò».

"La dedico a tutte le mamme, a tutti i papà, a tutte le nonne, a tutti i nonni, a tutti coloro che hanno intenzione un giorno di avere dei figli oppure a tutti coloro che avrebbero voluto e ancora non possono oppure a quelli che avrebbero potuto e ancora non vogliono e sono felice di vedere che le mie bimbe ascoltando anche le canzoni di papà stanno crescendo intelligenti come il papà e questa è una grande soddisfazione".

Prima di intonare il pezzo ha aggiunto, commentando il video mostrato alle sue spalle in cui erano ritratte le figlie dall'infanzia fino ad oggi: "Io lo so che hanno 15 e 18 anni, che sono adolescenti, però per me sono sempre così… (piccole) Questa sdentata si chiama Amelia e l'altra si chiama Emma".

La famiglia per questo cantautore ha un valore immenso, dopo la dedica alle sue figlie è passato a quella per i suoi genitori e i suoi nonni.

«Vorrei avere il becco», brano con cui Povia vinse il Festival di Sanremo nel 2006, dedicando il suo leoncino alla sua mamma e al suo papà, soprannominato "La canzone del piccione", ha ricevuto numerose critiche, è stata reputata una canzone stupida per i bambini dello Zecchino d'oro.

Il vero significato nascosto dietro questo brano è però molto più profondo: "mi piace la filosofia del piccione perché vola basso, si accontenta delle briciole e costruisce il suo nido con tanta pazienza, tanta speranza e tanto sacrificio, tre termini ormai sconosciuti, ma oltre a raccontare «La canzone del piccione»che è diventata una canzone normalissima, controcorrente perché fare i discorsi che faccio io oggi è diventata rivoluzione. Oltre ad averla dedicata a tutte le persone che si vogliono bene, agli innamorati, ai piccioncini, a quelli che hanno scelto di stare insieme per poco, per tanto o per tutta la vita, io continuavo per tutta la settimana di Sanremo a dire che «La canzone del piccione»è dedicata alla mia mamma e al mio papà.

Erano questi due ragazzi (li mostra nel video alle sue spalle), genitori inesperti e improvvisati come più o meno tutti i genitori, non è facile fare il genitore e sì mi accorgo che non è facile neanche fare il figlio soprattutto nel periodo dell'adolescenza, bisogna sempre cercare un punto di accordo e un compromesso".

Bellissimo il video della vittoria che il cantautore milanese ha mostrato nel corso del concerto, proiettato sul maxischermo: "Dedico questa vittoria a mia mamma e mio papà perché sono 40 anni che stanno insieme, io è da tanto tempo che non li vedo darsi un bacio, quindi papà fallo per me, alzati, dai un bacio a mamma e state 5 minuti abbracciati, grazie".

Povia, poiché è una persona, oltre che un artista, noto per mostrare le cose come sono realmente, ha anche però aggiunto che la famiglia non è solo rose e fiori e che i suoi genitori litigavano, presentando un video di 30 secondi, ha poi confidato al suo pubblico: "Ma sappiate che era tutta la vita così eh, ho due ore e mezza di girato, questa è la parte interna delle famiglie, quella che in tanti non vogliono accettare, ma che esiste, non può essere tutto bene, bene, bene…e deve essere un po' anche qualcosa male, male, sennò come fa a diventare bene, bene. Eccoli qua, gustateveli, tanto sono sicuro che vi ci riconoscerete".

L'artista ha poi dedicato il medesimo brano ai propri nonni: "Io continuavo a dire che "La canzone del piccione", «Vorrei avere il becco»è dedicata ai miei nonni e a tutti i nonni e bisnonni che con la terza elementare o la quinta elementare o con zero titoli di studio hanno ricostruito quest'Italia distrutta dai bombardamenti del dopoguerra e hanno onorato, non ignorato la Costituzione."

Senza alcuna paura, il cantautore ha continuato a raccontare la propria storia, senza maschere… Ha scritto «Cameriere»per sé stesso, per quanto ha dovuto lottare e per i sacrifici fatti prima di riuscire a vivere di musica, aspetto in cui molta gente comune potrebbe rispecchiarsi.

"Ho fatto il cameriere per 20 anni e ho trovato la cosa che volevo, che tutti dovrebbero trovare che è l'indipendenza, prima si cerca, poi si trova…

Lavoravo per pagarmi l'affitto, i sogni e per non pesare sulle spalle dei miei genitori, a buon intenditor poche parole, mi piaceva che la gente si alzasse da tavola contenta per aver mangiato bene, ma soprattutto per il mio servizio, lasciate la mancia al cameriere, poca, ma fa sempre piacere. Oggi faccio la stessa cosa da cantautore e non mi piace tenere il pubblico a distanza, anzi non capisco quelli che cantano per due ore e dicono a malapena «Grazie di cuore». Sono felice se gradite le mie canzoni, la mia libertà e me come persona, mio papà mi diceva non si può piacere a tutti e se qualcuno non gradisce io ce la metto tutta lo stesso. «Non nobis solum nati sumus», «Non siamo al mondo solo per noi stessi».

Io questa sera me la vivo perché non torna più e ricordiamoci in banca è il tempo che dobbiamo metterci. Grazie."

Povia pur essendo milanese, è molto legato al Sud, le sue origini sono infatti campane e siciliane, la canzone «Al Sud», parla per l'appunto del meridione prima dell'Unità d'Italia, ispirata agli storici che ha studiato, ma anche a Eugenio Scalfari, fondatore di "La Repubblica", a Antonio Gramsci, Eugenio di Rienzo, tematica che ha poi potuto approfondire anche grazie ai revisionisti storici che girano gli archivi di Stato da 30 anni, scoprendo che il Regno delle Due Sicilie cioè tutto il meridione prima del 1861 non conosceva immigrazione, né tantomeno la grande disoccupazione. Questa terra viveva con pregi e difetti, ma viveva di vita propria.
"L'Unità di Italia andava fatta, ma si può discutere su come è stata fatta".

Ancora una volta il cantautore ha voluto raccontarsi, facendo riferimento alle sue origini milanesi: "Io sono nato e cresciuto a Milano e c'erano alcuni miei amici che dicevano «Non dire che siamo di origini meridionali perché il meridionale è sporco, puzza, non si lava, è mafioso, ruba i soldi, viene al nord e ruba il lavoro ed io sono cresciuto con questa sofferenza, questo complesso di inferiorità e questa convinzione di essere inferiore da meridionale»", ma osservando i sacrifici che facevano suo nonno e suo padre che erano del Sud, così come i genitori dei suoi amici meridionali e tutti i meridionali in genere che erano belle persone, studiando e iniziando a scoprire la storia più a fondo è riuscito finalmente a sconfiggere questi timori e andare fiero del Sud. Nell'ascoltare «Al Sud»anche le sue figlie, a loro volta, hanno potuto scoprire cose di cui non erano a conoscenza. Nel 2011 Povia ha presentato questa canzone a Sanremo per i 150 anni dell'Unità di Italia, ma purtroppo non è stato preso.

"La dedico a mio nonno che era uno dei tanti emigranti, ogni tanto gli dicevano che era un mafioso, per lui l'ho scritta. C'è qualcuno che viene da Svizzera, Germania, Francia? Voi siete figli dell'emigrazione che è cominciata dal 1861".

Chiaramente cantata nel corso del suo concerto anche «La verità», presentata a Sanremo nel 2010, quando però raggiunse appena il 4 posto, quell'edizione fu vinta da Valerio Scanu.

Il cantautore desidera da 15 anni fare ritorno sul palco dell'Ariston per poter intonare i propri ideali, ma purtroppo non viene preso, la difficoltà sta anche nella sua scelta di autoprodursi che risale al 2005.

Tornando alla coraggiosa contestazione, Povia ha poi cantato «Dito medio».

"La canzone si chiama «Dito medio», non lo faccio perché oggi lo vedi fare dappertutto nei video, sto dito medio è diventato di un banale proprio, però lo dico per tutta la canzone, ricordatevi sempre che tutto quello che faccio lo faccio pensando alle mie bimbe e che non dico, non faccio, non canto niente a caso. La frase che vedrete dietro che è un verbo cambia il concetto soltanto per una R".

Il testo racconta la voglia di cambiare il mondo, è contro la guerra, l'immigrazione dietro la quale si celano numerosi interessi, la schiavitù, la disoccupazione, l'intelligenza artificiale; contro le speculazioni che avvengono sui medicinali e non permettono a tutti di curarsi, inoltre vengono contrastati anche i finti attivisti e ribelli, i muri innalzati per ledere la libertà. Il tutto si conclude inneggiando alla libertà, l'amore e andando a favore dei bambini che pagano per l'egoismo degli adulti.

L'artista ha ringraziato il pubblico e il comitato festa della Maria Santissima per averlo fortemente voluto, organizzando l'evento con numerosi sacrifici.

In seguito, ancora una volta mostrandosi senza filtri, ha ricordato quello che forse è l'episodio più doloroso della sua vita, nel 1992 gli è capitato un terribile incidente stradale, nel quale è rimasto coinvolto con il suo migliore amico che ci ha perso la vita, avevano appena 20 anni, erano ubriachi e facevano uso di sostanze stupefacenti, come è giusto che sia ha voluto sottolineare "non mi vergogno a dirlo, perché sono felice di essere qui a raccontarlo, fatto sta che non lo sapevamo perché i giovani cercano sempre uno strumento per sfogare la propria rabbia, c'è chi lo trova nella scuola, nello studio, nello sport e in qualunque altra disciplina. Noi oltre a trovarlo nel giocare a pallone, lo cercavamo anche nella droga e nell'alcol, non lo sapevamo, probabilmente cercavamo di fare gruppo e poi gli influencer del passato che erano i grandi gruppi rock, quelli che avevano successo, quelli che avevano quell'immagine maledetta, indiscutibili dal punto di vista musicale, però poi ci siamo accorti che erano molto discutibili dal punto di vista dello stile di vita, noi tendevamo ad imitarli perché tutti i giovani tendono ad imitare i grandi, soprattutto quelli che hanno fatto successo".

Qualsiasi giovane di qualunque epoca ha infatti sempre avuto degli idoli e dei punti di riferimento, Povia e il suo migliore amico, inconsapevolmente, inconsciamente avevano seguito esempi sbagliati, perché ciò gli permetteva di sentirsi più fighi e liberi.

Nel corso di un sabato sera, a causa di un incidente stradale su una strada statale ad una velocità di 85 km/h è capitata una fatalità dalla quale il giovane Giuseppe Povia è rimasto segnato a vita, perché ha perso Francesco con cui aveva un legame fraterno, trascorrevano insieme tutti i giorni, dormivano l'uno a casa dell'altro, giocavano nella stessa squadra di calcio, programmavano le vacanze insieme e quando non potevano vedersi stavano al telefono, un dolore che non passerà mai.

Per lui l'artista ha scritto più di 25 anni fa, «Maledetto sabato», non cambiando mai il testo neanche in minima parte e scegliendo di non presentarlo a Sanremo perché non ha mai voluto usare il successo di un brano per strumentalizzare la morte del suo amico Francesco, ma ha sempre preferito cantarla davanti a tanta o anche a poca gente, perché quando la canta sente un'energia diversa e sa che Francesco lo ascolta.

Altra immancabile canzone è «Luca era gay», introdotta dal video di Paolo Bonolis che scelse di portare Povia a Sanremo.

Bonolis riteneva che l'Arci gay stesse combattendo una battaglia giustissima, perché questo orientamento è stato a lungo considerato sbagliato nel corso della storia, il cantautore non voleva però attaccare gli omosessuali, ma è semplicemente un racconto che l'omosessualità è in grado di sentir raccontare, quando c'è una chiusura totale nei confronti di una storia non si fa un buon servizio all'omosessualità stessa perché si palesa un atteggiamento di arroganza e chiusura completamente sbagliato, la loro lotta è giusta, ma il non voler accettare l'impegno profuso nel raccontare una storia è uno sbaglio, ma dettato dalla rabbia, se la canzone fosse stata offensiva il presentatore non l'avrebbe di certo portata sul palco dell'Ariston.

Nel 2009 «Luca era gay» giunse secondo sul podio del Festival, ha totalizzato ben 5 dischi di platino, ma Povia non ci ha guadagnato nulla perché aveva firmato dei contratti ad occhi chiusi, "meglio povero, ma libero"; inoltre è riuscito a fare grazie a questo brano 100 concerti in poco meno di 5 mesi.

"È stata ed è una canzone di successo che ha intercettato il pensiero della popolazione nel bene e nel male, nel positivo e nel negativo. È una canzone che parla della libertà e di una storia d'amore che ognuno di noi ha da raccontare. Io ho la mia personale storia d'amore da raccontare come ognuno ha una storia da raccontare. Questa è la storia di un amico che si chiama Massimiliano e io ho chiamato Luca per ovvi motivi di sonorità e vedete però questa finta libertà che tanto decantano questi finti intellettuali che stanno in televisione o è per tutti oppure è una libertà che diventa ideologia e l'ideologia non soltanto limita la libertà, la schiaccia e la soffoca. La libertà o è per tutti o è per nessuno, ecco perché questo tour l'ho chiamato «Sani di mente»."

Il brano «Luca era gay»ha anche ricevuto il premio Mogol e quest'ultimo regalò a Povia in aggiunta un cavallino d'oro massiccio del valore di 7 mila euro.

L'artista ha ancora una volta dimostrato il suo grande amore per i bambini, da lui tanto decantato, invitandoli a salire sul palco alla fine dello spettacolo per l'ultimo pezzo «I bambini fanno ooh»che è di consuetudine registrare con un video da poter inviare nei reparti oncologici dove tanti bambini combattono tra la vita e la morte, ha perciò anche esortato il pubblico ad accendere le torce.

Insieme ai bambini sono stati invitati sul palco anche i membri del comitato, ringraziati da Povia stesso che con immenso affetto verso il suo pubblico ha dispensato abbracci per tutti.

"Lo so che non basta una canzone, lo so che i bambini che stanno curandosi nei reparti di pediatria oncologica non guariranno per una canzone, però vi assicuro che funziona, pensate che una mamma nel 2005 mi ha fatto sapere che il bambino si è svegliato dal coma ascoltando «I bambini fanno ooh» non per «I bambini fanno ooh», ma perché la musica ha potere, l'altro ieri si è svegliata un'altra bambina che si chiama Samantha con una canzone dei Ricchi e Poveri, la musica ha veramente tanto potere, dopo un coma di 12 giorni.

Venite avanti, tirate fuori tutti i telefonini, facciamolo per i bambini, tanto noi usciamo di scena, lei vi riprenderà e noi li manderemo nei reparti di pediatria oncologica, immaginatevi che questi quattro minuti e mezzo di canzone gli danno una forza che neanche noi pensiamo e troveranno ancora di più la forza per continuare a combattere. Questa sera la dedichiamo a Francesca che ci ha lasciato l'altro ieri per una leucemia fulminante a otto anni, però tanti ce la fanno. Venite avanti, fate un gesto di cuore."

Non sono mancati gli umili ringraziamenti:

  • Grazie a don Marcello Gallo
  • Grazie a Crescenzo Carusone management
  • Grazie a tutte le forze dell'ordine e tutti i volontari
  • Grazie al mio ufficio stampa Marzia Boni
  • Grazie a Villa Rosa di Sclavia che mi ha accolto e mi ha dato una stanza costruita sull'albero bellissima
  • Grazie alla produzione audio, video e luci di Pietro Antonio
  • e grazie a voi presenti perché oggi 15 agosto 2023, anche se lo diamo per scontato non torna più e io me lo sono sia vissuto che goduto grazie a voi, grazie, grazie e ancora grazie.

Povia nel 2005 ha deciso di autoprodursi, a causa di questa scelta e dei temi da lui trattati probabilmente fa fatica a tornare sul palco dell'Ariston, un desiderio che ha da 15 anni, è perciò sua consuetudine vendere delle pennette con i suoi brani registrati ai propri concerti, due pennette al prezzo di 20€, una al costo di 15€, quindi se siete interessati a promuovere la musica indipendente vi basterà anche soltanto recarvi ad uno dei suoi concerti gratuiti e acquistarle.

Altro aspetto memorabile di questo live è sicuramente la consuetudine dell'artista di accompagnare e introdurre i suoi brani non solo con dei video, ma anche con cartelli su cui sono riportate delle frasi che racchiudono un messaggio che questi intende trasmettere al pubblico, man mano che avanza lo spettacolo esposti frontalmente al pubblico e alle spalle del cantante come se andassero a comporre una vera e propria narrazione.

Al termine del concerto Povia con la sua immensa umiltà ha concesso foto, autografi e abbracci a chiunque lo desiderasse, invitando lui stesso i presenti a recarsi dietro al palco per potergli dimostrare il suo affetto, è forse di più il tempo trascorso a dedicarsi agli altri che quello dedicato al concerto stesso.

LA SCALETTA DEL CONCERTO

  1. Torneremo Italia
  2. I bambini fanno oh
  3. T'insegnerò
  4. Brutto sogno
  5. Vorrei avere il becco
  6. Cameriere
  7. 2011
  8. È dura
  9. Al sud
  10. La verità
  11. Dito medio
  12. Maledetto sabato
  13. Luca era gay
  14. Ma tu sei scemo
  15. I bambini fanno oh

L'INTERVISTA