Lotta per la legalità democratica, lettera aperta al terzo settore

11.12.2021

Le indagini e le perquisizioni di questi giorni da parte della Polizia e della Magistratura hanno fatto ritornare d'attualità una inchiesta sull'infiltrazione del clan dei Casalesi nelle cooperative sociali del Casertano, tra le quali quelle che gestiscono comunità per minori.

Come ha sottolineato Rosaria Capacchione su Fanpage, si tratta di una indagine delicatissima, che ha portato nel mirino della Procura della Repubblica di Napoli rappresentanti legali di società, dipendenti e dirigenti comunali, un sindaco e otto società del Terzo Settore attive tra le province di Napoli e Caserta. Tutto viene passato al setaccio, al fine di ricostruire rapporti, connessioni e collegamenti che potrebbero svelare come, per quanto indirettamente, la camorra casertana abbia messo le mani anche sul Terzo Settore e in un mondo così delicato come quello dei minorenni in affido.

Alcuni amministratori e figure di spicco della vita politica locale (come il sindaco di Sparanise, una ex assessore dell comune di Caserta) sono coinvolti. Stavolta il dato più inquietante sta nel coinvolgimento di realtà sociali come quelle del terzo settore (alcune delle quali aderentia anche a reti nazionali della cooperazione). Infatti, dalle indagini (avviate già alcuni anni fa), che mirano a ricostruire gli ultimi 20 anni di gestione del Terzo Settore nel Casertano, emerge che molti operatori per minori risultano legati alla famiglia Del Vecchio, a sua volta coinvolto in inchieste dell'antimafia sui Casalesi.

Da qui discende l'ipotesi degli inquirenti: le cooperative, attraverso i Del Vecchio, potrebbero avere costituito uno dei canali di riciclaggio del cartello camorristico, che avrebbe investito i profitti delle attività illecite nelle comunità per recupero dei minori.

Uno scenario paradossale, su cui aveva aperto uno squarcio già Fanpage.it nel 2018 e nel 2019: un gruppo di cooperative sociali faceva capo a familiari di primissimo piano dei Casalesi. In particolare, c'erano rapporti, oltre che con Carlo Del Vecchio, anche con Francesco Schiavone "Cicciariello", cugino e omonimo del boss chiamato Sandokan e come lui condannato all'ergastolo e detenuto al 41 bis, e con varie persone della famiglia Zagaria. Ed erano proprio quelle cooperative che gestivano le carceri minorili private, ovvero che case di accoglienza che ospitano i giovani detenuti.

Di fronte a questo scenario occorre riprendere una iniziativa sui temi della legalità in provincia di Caserta, a partire dalle forze del volontariato e del terzo settore, insieme con quelle del sindacato e del mondo delle imprese. A tal fine è quanto mai opportuna la nota di denuncia già diffusa dal Comnitato don Diana e Libera Provinciale, in cui si ribadisce che "Quanto emerge dall'inchiesta giudiziaria della Squadra mobile di Caserta restituisce uno spaccato agghiacciante, con un ruolo di primo piano ricoperto dalla camorra casalese e dal suo potere infiltrante nella pubblica amministrazione".

Per questo motivo tutte le forze realmente impegnate nella costruzione di un vero welfare sociale devono continuare a denunciare lo scempio che si perpetua da decenni di appalti e affidamenti destinati sempre agli stessi soggetti, criminali e truffaldini che hanno scelto di giocare con il dolore e la vita delle famiglie e che nulla c'entrano con il Terzo settore.

Negli ultimi mesi sono di nuovo rimbalzate sulle cronache della stampa le notizie relative ad una recrudescenza delle attività criminali, in forme violente (con omicidi, ricatti, estorsioni), ma anche con nuove modalità che richiedono una verifica ed un approfondimento anche da parte del mondo del terzo settore e del volontariato. Impressionante è stato anche il film-documento sulla black mafia, la mafia nigeriana, che ieri sera è stato su RAI 3.